Perchè si sente tanto parlare di revenge beauty?

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I dati del settore

Il desiderio di rivalsa non è roba da femminucce

In principio era il lipstick effect

La cura della pelle come metafora di vita

Revenge beauty, bellezza per vendetta, questa è la parola che tra la fine di Maggio e l’inizio di Giugno ha invaso giornali e siti di settore. Ma di che si tratta? E soprattutto, cosa c’è dietro quei dati così in crescita?

I dati del settore

Alcune ricerche condotte nell’ultimo periodo hanno evidenziato il prevedibile assalto a centri estetici e saloni di bellezza subito dopo il termine del lockdown. Effettivamente tutti noi siamo corsi dal parrucchiere per qualche ritocchino al taglio o dalla nostra estetista dopo mesi di “fai da te” o noncuranza, e tutto questo ha fatto registrare un + 146% per quel che riguarda le prenotazioni presso i saloni ed un aumento dello scontrino medio femminile, lasciando invece invariato quello maschile che si è limitato al classico taglio di capelli ed al massimo qualche aggiustatina alla barba.

Anche le ricerche online relative ad argomenti come cura della pelle, skin care, beauty hanno toccato il loro apice proprio nei mesi di aprile e maggio, dimostrando un grande interesse mondiale.


*trend di ricerche per l'argomento “skin care” dal 2004 ad oggi, fonte Google Trends.
Se ciò non bastasse, possiamo confermare che questo interesse si è quasi sempre consolidato e trasformato in acquisto, tanto che ad esempio in Italia il settore Beauty&Parfume in quegli stessi mesi ha registrato nel mercato online un incremento delle vendite del +56% rispetto ai mesi precedenti.

Il desiderio di rivalsa non è roba da femminucce

Il desiderio di rivalsa e di vendetta sul virus, sulla sfida che ci ha fatto affrontare e sugli effetti estetici che ci ha provocato sembra aver trovato sfogo proprio con le aperture degli esercizi commerciali. Questa ricerca di bellezza, non intesa come stereotipo estetico, ma di ciò che appaga il proprio spirito, pare aver toccato molti altri settori, come quello del turismo.

In realtà un processo così profondo e così delicato ha piantato le sue radici e ha trovato spazio proprio all’inizio del lockdown quando quella che ora viene definita “vendetta” (un termine d’impatto ma che certamente può assumere diverse sfumature) era una sana presa di coscienza di se stessi, un momento intimo e riflessivo da dedicare alla propria persona interiore ed esteriore.
Così molti di noi, messa obbligatoriamente in pausa la frenesia delle proprie vite, hanno colto l’occasione per dedicare del tempo ad attività più lunghe per la quale di solito non si aveva mai un momento. La beauty routine ha regnato sovrana tra tutte, ha interessato indifferentemente uomini e donne, giovani e maturi in tutto il mondo.
Ha rappresentato un movimento inconscio e comunitario, un legame silenzioso, un gesto al contempo profondamente personale e condiviso, e non solo un semplice vezzo femminile come molti l’hanno definito.

In principio era il lipstick effect

Così l’idea di vendetta che sembra essere cresciuta dentro ognuno di noi (tu l’hai percepita?) ha portato alla nascita del concetto di revenge beauty, che però ha tutta l’aria di assomigliare al suo famoso ed ormai dimenticato antenato lipstick effect.
Sto parlando della teoria di marketing secondo cui appena usciti da una recessione i consumatori sono più portati ad acquistare beni di lusso meno costosi come il rossetto, rinunciando ad altri. La teoria ovviamente si basa su dati reali, dati di acquisto di rossetti schizzati alle stelle durante questi periodi.
Come è facile immaginare non possiamo applicarla a questo momento, e non solo perché per motivi sanitari le nostre labbra sono perennemente coperte da una mascherina, ma anche perché l’intera attenzione dei consumatori (e parlo volutamente non al femminile) si è rivolta dal make-up alla skin care.
Personalmente trovo molto interessante riflettere su questo cambio di direzione. Mi piace pensare che il trucco, il make-up, letteralmente qualcosa che si “mette su” e quindi non ci appartiene direttamente, sia stato percepito come un abbellimento secondario e solo successivo alla bellezza personale, la quale visivamente si traduce in una pelle sana e curata, seguendo quindi i principi della skin care, ovvero cura della pelle.

La cura della pelle come metafora di vita

Forse tutto quello che è successo ci ha reso più riflessivi ed attenti, anche se magari solo momentaneamente, ma per me è stato così. Non è un caso infatti che tutti noi siamo stati chiamati a riflettere su temi importanti come la sostenibilità ed il bio. Questo interesse si rispecchia in molti settori d’azione, dalla mobilità alla moda, ed ovviamente anche nel mondo del beauty.
Questo periodo così delicato ci ha fatto apprezzare il nostro valore come individui, e per molti questo valore ritrovato necessita di una cura costante e di dedizione, perché in fondo noi stessi siamo una delle cose più importanti che abbiamo. Prendersene cura significa lavorare dentro e fuori e far sì che queste due parti siano in armonia.
Così, secondo il saggio principio latino per cui mens sana in corpore sano, la nostra pelle ci richiede prodotti attenti alla sua salute ed il pianeta, da parte sua, un occhio di riguardo per l’ecosistema.
Quindi al via creme e prodotti bio non solo per il viso ma per tutto il corpo, ricavate in maniera sostenibile e con packaging riciclabili, creme prima sane e poi qualitative, che aiutano a prendersi cura della propria vera bellezza.
Seguendo questi principi, che ho sposato tempo fa, anche io ho realizzato una linea tutta naturale con principi attivi bio che mette in risalto proprio la salute.

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